“Arricchiamoci delle nostre reciproche differenze”. Paul Valéry
Utilizziamo le parole bianco, nero o giallo quando vogliamo differenziare le persone per il colore della pelle e per la loro appartenenza geografica;
alto, basso, magro, grasso per distinguere le persone dal punto di vista fisico;
eterosessuale o omosessuale per le diverse preferenze sessuali;
cattolico, musulmano, ebreo, ateo… per le differenze religiose.
Molto spesso il parametro che utilizziamo per valutare l’altro è in rapporto alle somiglianze, rifiutando le differenze.
La diversità rappresenta l’estraneità, ciò che per noi è sconosciuto e ignoto.
In quali diversi modi possiamo reagire all’estraneità?
Molto spesso utilizziamo degli schemi…..che trasformano i rapporti in una relazione “rassicurante” perché conosciuta. Gli schemi sono “le lenti” che mettiamo per vedere le persone e le situazioni nel modo a noi più noto.
E allora:
L’altro, può diventare un NEMICO quando lo temo e lo percepisco come minaccioso. Pensiamo per esempio alla persona “diffidente”, che si pone subito in modo critico. Pensate ai giovani, all’interno di un gruppo, che “prendono in giro” un compagno che ha qualcosa di diverso dagli altri e non si vuole omologare.
In alternativa al nemico, l’altro può diventare un AMICO quando voglio che mi rassicuri e per questo lo idealizzo pensando che sia buono e non pericoloso. Per esempio pensiamo alla persona che pur non conoscendoci vuole essere immediatamente nostra amica ed esordisce dicendoci: “Ma che grande piacere conoscerti!” Anche se la incontriamo per la prima volta e non sa ancora niente di noi.
Attraverso queste emozioni cerchiamo un controllo di una situazione che ci disorienta.
La diversità ci fa paura perché non corrisponde ai nostri schemi.
Utilizzando schemi personali non possiamo conoscere la persona come veramente è con il rischio di mettere una barriera che ci difende e ci protegge. Le distante generano pregiudizi, cioè un giudizio anticipato che non riflette il reale. Le distanze generano anche stereotipi, cioè opinioni precostituite.
“Il potere dello stereotipo consiste dunque nel trasformare meccanicamente l’ignoto nel noto, il nuovo nelle categorie del vecchio, evitando così l’ansia del giudizio ponderato e del cambiamento (…). Lo stereotipo non solo valuta e orienta l’azione, ma fornisce immagini che alimentano il pregiudizio” (G. Savarese, A. Iannaccone – Educare alla diversità)
Ma allora come ci possiamo comportare di fronte all’estraneo per non cadere nella trappola dell’omologazione?
L’altro, l’estraneo, quello che è DIVERSO DA ME, è colui a cui mi posso avvicinare con curiosità per apprendere, imparare, crescere e scoprire qualcosa da condividere e così scoprire qualcosa di nuovo!
Diventa necessario, per prevenire atteggiamenti dannosi nei confronti degli altri, educare i bambini in età scolare ad apprezzare la diversità vivendola come opportunità di ampliare le proprie conoscenze ed esperienze.
Per un approfondimento della teoria di riferimento:
– Renzo Carli, “Culture Giovanili”, Edizioni Franco Angeli, 2001
– G. Savarese, A. Iannaccone, “Educare alla diversità”, Franco Angeli 2010